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C.M. n. 90/E del 17/10/2001INVESTIMENTI AGEVOLATI (Tremonti bis) 1. Ambito soggettivo
di applicazione 2.1. Determinazione
dell’ammontare degli investimenti 3. Investimenti
agevolabili per i soggetti titolari di reddito di impresa 3.2.1 Leasing
relativo a bene realizzato in appalto 3.5 Beni a deducibilità
limitata e beni ad uso promiscuo 3.7 Destinazione dei beni a strutture situate nel territorio dello Stato 4. La revoca dell’agevolazione 5. Coordinamento con
l’applicazione di altre agevolazioni 5.1 Agevolazione di cui all’art. 2, commi da 8 a 13
della legge 13 maggio 1999, n. 133 5.3 Art. 8 legge n.
388e del 2000 5.4 Alimentazione dei
canestri e capitalizzazione dell’impresa 7. Applicazione
dell’agevolazione per i lavoratori autonomi 7.4 Revoca dell’agevolazione
per i lavoratori autonomi 8. Determinazione
degli acconti Premessa
Il
DDL governativo concernente “Primi interventi per il rilancio dell’economia”
(di seguito legge), approvato dal Parlamento in data 10 ottobre 2001,
contiene interventi per il rilancio dell’economia che mirano a riallineare la
crescita economica alle reali potenzialità del Paese. Il settore che maggiormente beneficia di tali interventi è quello
produttivo. L’intento del Governo, infatti, mira a sbloccare fattori economici fondamentali
nella strategia dello sviluppo, come il lavoro, i capitali, le infrastrutture,
la tecnologia, ecc.. A
tali fini è stata pertanto introdotta, con l’art. 4, una norma
concernente la
detassazione degli utili reinvestiti in beni strumentali nell’esercizio
dell’attività, che sostanzialmente equivale a quella contenuta nell’articolo 3
del decreto-legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito con modificazioni dalla
legge 8 agosto 1994, n. 489. Le
differenze principali rispetto al precedente testo di legge riguardano: · l’estensione del campo
soggettivo di applicazione ai lavoratori autonomi, alle banche ed alle
assicurazioni; · l’estensione del campo
oggettivo di applicazione alle spese sostenute per la formazione ed
aggiornamento del personale e per i servizi di asilo nido utilizzabili dal
personale stesso; · la facoltà di optare, in
alternativa, per l’agevolazione DIT, l’agevolazione di cui all’art. 2, commi da
8 a 13 della legge 13 maggio 1999, n. 133 e l’agevolazione relativa al credito
d’imposta correlato a investimenti in aree svantaggiate. L’estensione
dell’ambito soggettivo dell’agevolazione a banche ed assicurazioni, secondo
quanto si legge nella relazione di accompagnamento, tende ad evitare una
discriminazione, probabilmente contestabile in giudizio o in sede comunitaria,
non giustificabile anche in conseguenza della scelta, effettuata dal
legislatore, di interrompere, per il futuro, i meccanismi di agevolazione
fiscale come la DIT, particolarmente utilizzati in questo specifico settore. Da
un punto di vista tecnico l’agevolazione in commento, che si applica agli
investimenti effettuati nel periodo d’imposta in corso alla data di entrata in
vigore della legge, successivamente al 30 giugno, e in quello
successivo, prevede l’esclusione dall’imposizione del reddito d’impresa e di
lavoro autonomo di un ammontare pari al 50 per cento del volume degli
investimenti stessi effettuati, al netto delle cessioni, in detti periodi
d’imposta in eccedenza rispetto alla media degli investimenti realizzati nei cinque
periodi d’imposta precedenti, con facoltà di escludere dal predetto calcolo il
periodo nel quale l’investimento è stato più elevato. L’agevolazione
si differenzia comunque da quelle già in vigore in quanto il legislatore ha
inteso puntare sullo sviluppo e sulla crescita dell’economia, coinvolgendo
interamente la struttura delle piccole e medie imprese italiane, che finora
hanno beneficiato di scarse agevolazioni. L’incentivo in argomento, infatti,
non è direttamente subordinato alla capitalizzazione dell’impresa, fenomeno
poco frequente nelle realtà produttive medio-piccole. E’ importante inoltre sottolineare che, per ciò che riguarda le
modalità di applicazione dell’agevolazione in discorso, il comma 8 dell’art. 4
fa rinvio anche alle disposizioni contenute nel citato art. 3 del D.L. n. 357
del 1994, con ciò confermando indirettamente la volontà di mantenere ferma la
precedente interpretazione in quanto compatibile con l’evoluzione del
complessivo quadro giuridico ed economico di riferimento e con le istruzioni
che successivamente sono state fornite anche in relazione ad altre disposizioni
agevolative. 1. Ambito soggettivo di
applicazione L’ambito
soggettivo della disciplina agevolativa è individuato in modo indiretto dal
comma 1 dell’articolo 4 della legge, che fa riferimento solo alle categorie di
reddito di impresa e di lavoro autonomo, senza alcuna altra specificazione o
limitazione. L’agevolazione, quindi, si applica a tutti i soggetti titolari di
redditi qualificabili ai fini fiscali come redditi d’impresa, 5
indipendentemente dalla loro natura giuridica, e di lavoro autonomo
professionale di cui all’art. 49, comma 1, del TUIR. Poiché l’agevolazione è normalmente applicabile ai beni
strumentali, vale a dire ai beni richiamati negli articoli 67 e 68 e nell’art.
50 del TUIR per la determinazione rispettivamente del reddito d’impresa e del
reddito derivante dall’esercizio per professione abituale di attività artistica
o professionale, è da ritenere che rientrano nell’ambito di applicazione della
stessa i contribuenti che esercitano soltanto le attività di lavoro autonomo ai
sensi dell’art. 49, comma 1, del TUIR. e non anche quelle richiamate al comma
successivo. Come espressamente chiarito
nella relazione di accompagnamento al disegno di legge, l’agevolazione opera
anche in favore delle banche e delle imprese di assicurazione, che erano invece
escluse dalla precedente agevolazione di cui all’art. 3 del d.l. n. 357/94. La
norma non richiede particolari adempimenti contabili; conseguentemente sono
ammessi al beneficio anche i soggetti in regime di contabilità semplificata di
cui all’articolo 18 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 che determinano il
reddito ai sensi dell’articolo 79 del TUIR, approvato con D.P.R. 22 dicembre
1986, n. 917. Per
avvalersi dell’agevolazione in esame, i soggetti titolari di reddito d’impresa
o di lavoro autonomo che determinano il reddito con criteri forfetari o con
l’applicazione di regimi d’imposta sostitutivi, hanno l’onere di documentare i
costi sostenuti per gli investimenti, che rilevano agli effetti del calcolo del
beneficio. Anche per questi soggetti, l’ammontare degli investimenti si
determina con le modalità indicate al successivo paragrafo 2.1. Soggetti ammessi a fruire
del regime agevolato a) residenti: · le persone fisiche che
svolgono attività produttiva di reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’art.
49, 1 comma, del TUIR; · le associazioni
professionali (senza personalità giuridica) costituite fra persone fisiche; · le persone fisiche esercenti
attività commerciale ancorché gestita in forma di impresa familiare, comprese
le aziende coniugali; · le
società in nome collettivo e in accomandita semplice; · società
di armamento; · società
di fatto che abbiano per oggetto l’esercizio di attività commerciale; · società
consortili a rilevanza sia interna che esterna; · società
per azioni; · società
in accomandita per azioni; · società
a responsabilità limitata; · società
cooperative e di mutua assicurazione; · enti
pubblici e privati, diversi dalle società, aventi per oggetto esclusivo o
principale l’esercizio di un’attività commerciale; · enti
pubblici e privati, diversi dalle società, non aventi per oggetto esclusivo o
principale l’esercizio di un’attività commerciale, con riferimento all’attività
commerciale esercitata. b) non residenti: · società, enti commerciali e
persone fisiche non residenti nel territorio dello Stato, relativamente alle
stabili organizzazioni situate nel territorio stesso. Soggetti esclusi· persone
fisiche esercenti attività agricola entro i limiti previsti dall’art. 29 del
TUIR; · enti
non commerciali se non titolari di reddito d’impresa; · lavoratori
autonomi di cui all’art. 49, comma 2, del TUIR; · soggetti
che hanno iniziato l’attività dopo l’entrata in vigore della legge. Ai
sensi dell’articolo 4, comma 1, l’agevolazione consiste nella esclusione dal
reddito d’impresa o di lavoro autonomo del 50 per cento della differenza fra
l’ammontare complessivo degli investimenti in beni strumentali effettuati nel
periodo d’imposta in corso alla data di entrata in vigore della legge,
successivamente al 30 giugno 2001, e la media aritmetica degli investimenti
effettuati nei cinque periodi d’imposta precedenti, escludendo dal calcolo
della media il più alto dei cinque valori. L’agevolazione
si applica anche agli investimenti realizzati nel periodo di imposta successivo
a quello in corso alla data di entrata in vigore della legge. L’esclusione dal calcolo della media del
periodo d’imposta in cui è stato realizzato il maggior volume di investimenti,
nasce dall’esigenza di non penalizzare quei soggetti che, per particolari
esigenze, in un particolare periodo d’imposta hanno effettuato investimenti
straordinari, superiori alle normali necessità. Nel
secondo periodo d’imposta di applicazione dell’agevolazione, il beneficio
riguarderà il 50 per cento della differenza fra gli investimenti effettuati nel
corso del medesimo periodo di imposta e la media di quelli realizzati nei
cinque periodi precedenti, comprendendo nel quinquennio l’esercizio in corso
alla data del 30 giugno ed escludendo comunque dal calcolo il più alto dei
cinque valori. A differenza dell’analoga agevolazione di cui al d.l. n. 357 del
1994, 8 infatti, gli investimenti effettuati nel primo periodo d’imposta
agevolato, e che hanno, eventualmente, goduto dell’agevolazione, partecipano in
ogni caso alla formazione della media. In sostanza, i periodi d’imposta da prendere in
considerazione per il calcolo della media non rimangono immutati. Come emerge
dal tenore letterale della disposizione e dalla relazione tecnica al
provvedimento, “l’agevolazione in questione
riguarda il volume degli investimenti realizzati nei periodi d’imposta 2001 –
2002, eccedenti la media degli investimenti effettuati nei cinque periodi precedenti
(il periodo 1996 – 2000, per il 2001 ed il periodo 1997 – 2001, per l’esercizio
2002)”. L’agevolazione spetta anche ai soggetti che, alla
data dell’entrata in vigore della legge, hanno iniziato l’attività da meno di
cinque periodi d’imposta. In tal caso,
nel conteggio della media degli investimenti di cui al comma 1, si farà
riferimento al volume degli investimenti effettuati in tutti i periodi di
imposta precedenti a quello di applicazione della norma agevolativa, con
esclusione, anche in questo caso, del valore più alto. Ad esempio, un soggetto con esercizio
coincidente con l’anno solare, che ha iniziato l’attività nel 2000 potrà
beneficiare dell’agevolazione nel 2001, con riferimento all’intero volume degli
investimenti realizzati, poiché, in tal caso, l’unico valore di confronto
(investimenti del 2000) non va preso in considerazione per la facoltà di cui al
comma 1 dell’art. 4 di escludere dalla media il periodo in cui l’investimento è
stato maggiore. In virtù di questa
ultima disposizione in commento, un soggetto che abbia iniziato l’attività nel
corso del 2001, purché prima dell’entrata in vigore della legge, potrà
beneficiare dell’agevolazione nello stesso esercizio, anche in assenza di un
periodo di imposta su cui operare il confronto. In tal caso, il soggetto potrà
beneficiare dell’agevolazione per gli esercizi 2001 e 2002 con riguardo al
valore complessivo degli investimenti realizzati nei due periodi d’imposta. L’agevolazione non si applica ai soggetti la cui
attività è cessata anteriormente alla data dell’entrata in vigore della legge,
o costituiti dopo la stessa data. L’agevolazione non si applica, altresì, alle persone
fisiche titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo, né alle società e
alle associazioni professionali di cui all’articolo 5 del TUIR non obbligate
alla predisposizione dell’atto costitutivo, la cui data di inizio
dell’attività, desumibile dal modello di dichiarazione ai fini IVA, sia
successiva a quella di entrata in vigore della legge. Si forniscono alcune esemplificazioni con riguardo ai soggetti
che hanno il periodo d’imposta non coincidente con l’anno solare. Società con periodo
d’imposta 1° luglio - 30 giugno.
Società con periodo
d’imposta 1°dicembre - 30 novembre.
A differenza di quanto previsto dall’agevolazione di
cui all’art. 2, commi da 8 a 13 della legge 13 maggio 1999, n. 133, applicabile
solo in presenza di reddito, l’importo agevolabile (escluso da imposizione) ai
sensi della legge in esame concorre a determinare il risultato reddituale anche
in presenza di una perdita, la quale rileverà ai fini della determinazione del
reddito secondo le regole di cui agli articoli 8 e 102 del TUIR. Potrà quindi
essere dedotta dal reddito complessivo se derivante dall’esercizio d’imprese
commerciali di cui all’art. 79 (imprese minori) o dall’esercizio di arti e
professioni; sarà invece computata in diminuzione dai relativi redditi
conseguiti nel periodo d’imposta e, per la differenza, nei successivi, ma non
oltre il quinto, se derivante dall’esercizio di imprese commerciali in
contabilità ordinaria. L’agevolazione spetta esclusivamente ai fini
dell’IRPEF e dell’IRPEG. Poiché la
norma fa espresso riferimento al “reddito d’impresa e di lavoro autonomo”,
e quindi all’imposizione sul reddito, essa non opera ai fini dell’IRAP, in
senso conforme a quanto emerge dalla relazione tecnica che non prevede
variazioni di gettito ai fini di tale imposta. Per i titolari di reddito d’impresa, considerato che
l’agevolazione consiste nell’esclusione dal relativo reddito di un importo
determinato in funzione degli investimenti e che detto importo non si configura
come provento, bensì quale variazione in diminuzione, il beneficio è
ininfluente ai fini dell’applicazione degli articoli 52, comma 2, 63, comma 1,
75, commi 5 e 5 bis, e 102 del TUIR. Tali norme stabiliscono, in presenza di
proventi esenti o che non concorrono alla formazione del reddito, la riduzione
della perdita fiscalmente rilevante e dell’ammontare deducibile degli interessi
passivi e delle spese generali. 2.1. Determinazione
dell’ammontare degli investimenti Per il computo dell’agevolazione, la norma rimanda –
ove non disposto diversamente – a quanto previsto dall’articolo 3 del decreto
legge 10 giugno 1994, n. 357, convertito con modificazioni dalla legge 8 agosto
1994, n. 489. A tal fine, il volume
degli investimenti realizzati in ciascun periodo agevolato deve essere
diminuito dei relativi disinvestimenti. Si ritiene che l’ammontare di tali
disinvestimenti debba essere calcolato con riferimento al corrispettivo dei
beni strumentali ceduti nei periodi medesimi, ovvero al valore normale dei beni
destinati al consumo personale o familiare dell’imprenditore o del lavoratore
autonomo ovvero assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio
dell’impresa o dell’attività di lavoro autonomo, ancorché gli stessi beni siano
stati a suo tempo acquistati usati. In caso di cessione di azienda va considerato il
valore attribuito ai beni strumentali nell’atto di cessione o, in mancanza, il
loro valore normale. I criteri adottati
per l’individuazione e il computo degli investimenti agevolati, indicati nei
successivi paragrafi, valgono anche per gli investimenti degli esercizi
precedenti da assumere ai fini della media di confronto. Se in un periodo d’imposta l’ammontare del
corrispettivo o del valore normale dei beni strumentali ceduti, dimessi, ecc.,
supera il costo degli 12 investimenti realizzati, l’ammontare da prendere a
base per il calcolo della media va considerato pari a zero. Si precisa che, ai fini del calcolo della media, non
si tiene conto delle rivalutazioni effettuate ai sensi della legge 21 novembre
2000, n. 342. 3. Investimenti agevolabili per
i soggetti titolari di redditi di impresa A
norma del comma 4 dell’articolo 4 della legge, l’investimento deve consistere ne “… la realizzazione nel
territorio dello Stato di nuovi impianti, il completamento di opere sospese,
l’ampliamento, la riattivazione, l’ammodernamento di impianti esistenti e
l’acquisto di beni strumentali nuovi…”. In
via preliminare, va detto che la disciplina in commento è volta ad agevolare
gli investimenti in elementi patrimoniali destinati ad essere utilizzati
durevolmente nell’ambito dell’attività. In sostanza si tratta di beni
strumentali, cioè ammortizzabili, ivi compresi quelli di costo non superiore a
un milione di lire anche se integralmente dedotto nell’esercizio di
sostenimento. Pur in assenza di un
esplicito rimando, la norma fa sostanziale riferimento ai beni di cui agli
articoli 67 e 68 del TUIR. Sono inoltre
agevolabili i beni concessi a terzi in comodato d’uso, purché strumentali ed
inerenti all’attività del comodante, che potrà avvalersi dell’agevolazione.
Come precisato con circolari n. 37/E del 13 febbraio 1997 e n. 48/E del 10 febbraio 1998, si considerano
strumentali quei beni utilizzati dal comodatario nell’ambito di un’attività
strettamente funzionale all’esigenza di produzione del comodante. L’inerenza
del bene sussiste nella circostanza in cui lo stesso ceda le proprie utilità
all’impresa proprietaria e non a quella che lo ha utilizzato (cfr. risoluzione ministeriale del 5 gennaio 1981
n. 9/2320). Gli investimenti
agevolabili si caratterizzano, inoltre, per il requisito della novità del bene,
restando esclusi, di conseguenza, quelli riguardanti beni a qualunque titolo
già utilizzati. Il
requisito della novità sussiste anche nel caso in cui l’acquisto del bene
avvenga presso un soggetto che non sia né il produttore né il rivenditore, a
condizione che il bene stesso non sia mai stato utilizzato (o dato ad altri in
uso) né da parte del cedente, né da alcun altro soggetto. E’ necessario precisare
che deve comunque trattarsi di beni per i quali il venditore non abbia fruito
di agevolazioni. Si
osserva che l’espressione “acquisto di beni strumentali nuovi” comprende
non soltanto l’acquisto a titolo derivativo, ma anche la realizzazione degli
stessi in appalto o in economia da parte del soggetto destinatario
dell’agevolazione. Nella
fattispecie dei beni complessi autoprodotti, ove alla loro realizzazione abbia
concorso anche un bene usato, il requisito della novità sussiste in relazione
all’intero bene, purché il costo del bene usato non sia di rilevante entità
rispetto al costo complessivamente sostenuto. Nel caso in cui il bene
complesso, che incorpora anche un bene usato, sia stato acquistato a titolo
derivativo, il cedente dovrà attestare che l’impiego del bene usato non è di
rilevante entità rispetto al costo complessivo. Gli investimenti in beni materiali - per i quali sussistono i requisiti
di novità e strumentalità – rilevano ai fini dell’agevolazione sia se acquisiti
in proprietà da terzi, sia se realizzati in economia o mediante contratto di
appalto. Nel caso di acquisto da terzi,
si precisa che il costo dei beni acquisiti va determinato secondo i criteri
previsti dall’articolo 76, comma 1, lettere a) e b) del TUIR, comprensivo
dell’IVA indetraibile ai sensi dell’art. 19 - bis 1 del DPR 633/72.
Coerentemente, il suddetto costo è assunto al netto dei contributi in conto
impianti che spettano all’imprenditore. L’investimento rileva ai fini dell’agevolazione all’atto dell’acquisizione
del bene, da assumere secondo i criteri stabiliti nell’art. 75 del TUIR.
Pertanto, le spese di acquisizione dei beni si considerano sostenute, per i
beni mobili, alla 14 data della consegna o spedizione, per i beni immobili, al
momento della stipulazione dell’atto, ovvero, se diversa e successiva, alla
data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di
altro diritto reale. Gli oneri relativi
alle prestazioni di servizi direttamente connesse alla realizzazione dell’investimento
rilevano ai fini della determinazione dell’investimento stesso e si considerano
sostenuti alla data in cui esse sono ultimate. Nell’ipotesi in cui l’investimento venga realizzato attraverso un
contratto di appalto a terzi, i costi si considerano sostenuti alla data di
ultimazione della prestazione ovvero, in caso di stati di avanzamento lavori,
alla data di accettazione degli stessi. L’importo dell’investimento che rileva
in ciascun periodo agevolato è commisurato, pertanto, all’ammontare dei corrispettivi
liquidati in base allo stato di avanzamento lavori (S.A.L.), indipendentemente
dalla durata infrannuale o ultrannuale del contratto. Il riferimento alla somma
liquidata sulla base del S.A.L., infatti, anche alla luce degli articoli 1655 e
ss. del codice civile, permette di individuare con certezza la porzione di
opera realizzata (cioè ultimata, in quanto verificata ed accettata dal
committente) e quindi agevolabile nell’ambito di ciascun periodo
d’imposta. Per gli investimenti
realizzati in economia, i relativi costi sono determinati con riferimento alle
spese complessivamente sostenute, successivamente al 30 giugno 2001 e nei
periodi d’imposta agevolati, avuto riguardo ai predetti criteri di competenza
di cui all’art. 75 citato. Come già precisato nella circolare n. 40 del 26
novembre 1981, tra i costi imputabili all’investimento si ricomprendono, ad
esempio: · i materiali acquistati
ovvero quelli prelevati dal magazzino, quando l’acquisto di tali materiali non
sia stato effettuato in modo specifico per la realizzazione dell’impianto; · la mano d’opera diretta; · gli ammortamenti dei beni
strumentali impiegati nella realizzazione dell’impianto; · i costi industriali
imputabili all’impianto (stipendi dei tecnici, spese di mano d’opera, energia
elettrica degli impianti, materiale e spese di manutenzione, forza motrice,
lavorazioni esterne eccetera). L’agevolazione spetta anche per le opere in corso, anche se iniziate o
sospese in esercizi precedenti al periodo di applicazione dell’agevolazione, ma
limitatamente ai costi sostenuti negli esercizi agevolabili. Per espressa previsione normativa, sono agevolabili gli investimenti in
beni acquisiti mediante contratto di locazione finanziaria. L’agevolazione spetta unicamente
all’utilizzatore con riferimento al periodo di imposta nel corso del quale il
bene, mobile o immobile, è consegnato, salvo quanto si dirà per l’ipotesi in
cui la società concedente realizzi il bene tramite contratto di appalto. L’agevolazione non spetta al concedente, per il quale sono irrilevanti,
ai fini del beneficio in questione, gli acquisti di beni concessi in locazione
finanziaria. Il costo rilevante ai fini del computo dell’agevolazione è quello
sostenuto dal concedente per l’acquisto dei beni, al netto delle spese di
manutenzione. Non rileva, in nessun caso, il prezzo pattuito per il
riscatto. Nel caso in cui per
l’utilizzatore l’IVA sui canoni di locazione sia indetraibile ai sensi
dell’art. 19-bis 1 del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972
n. 633/72, ai fini dell’agevolazione assume rilievo anche l’IVA pagata dal
locatore sull’acquisto del bene. 3.2.1 Leasing
relativo a bene realizzato in appalto L’agevolazione spetta anche nell’ipotesi in cui la società di leasing
realizza, in appalto, un immobile allo scopo di concederlo in locazione
finanziaria all’utilizzatore che si impegna a corrispondere importi una
tantum e 16 canoni periodici, con possibilità di opzione di acquisto alla
scadenza del contratto. Tale contratto prevede, ordinariamente, che l’appalto sia predisposto
in pieno accordo con l’utilizzatore, il quale avrà diritto di intervento a fini
del controllo e dell’approvazione dei pagamenti in base agli stati di
avanzamento lavori. A sua volta, il concedente è esonerato per qualsiasi
responsabilità in ordine a qualità, vizi e/o difformità dell’opera, essendo a
carico dell’utilizzatore tutti i rischi di mancata realizzazione e perdita
totale o parziale dell’immobile. Tanto premesso, occorre riconoscere alla fattispecie
un trattamento coerente con il criterio di tendenziale equivalenza
tra l’acquisizione o realizzazione del bene in proprio e quella
effettuata tramite contratto di leasing, espresso nella relazione ministeriale al decreto
legge n. 414/89, reiterato con il d.l. n. 90/90, recante modifiche all’art. 67 del
TUIR. Tale criterio è finalizzato ad “assicurare
nel tempo, in relazione alle mutevoli condizioni di mercato, la necessaria
neutralità fiscale della scelta aziendale tra acquisizione dei beni in
proprietà o in leasing”. Nella stessa direzione, volta a privilegiare la
sostanza del contratto di locazione finanziaria oltre la forma, si collocano i
principi contabili internazionali (vedi IASC n. 17) che danno rilievo alla
sostanza economicofinanziaria del contratto di leasing rispetto alla sua forma
giuridica. Per quanto sopra, si ritiene
corretto assumere quale investimento dell’utilizzatore – nella particolare
ipotesi sopra delineata – i corrispettivi che la società di leasing concedente
ha liquidato, in ciascun periodo d’imposta agevolato, all’appaltatore in base
agli stati d’avanzamento lavori, secondo quanto già chiarito per gli investimenti
realizzati direttamente dall’imprenditore mediante contratti di appalto a
terzi. Rientrano nell’agevolazione anche i beni costruiti in economia o in
appalto e ceduti a società di leasing con contratto di lease back. Per gli investimenti realizzati in economia o in appalto, si è detto
che i relativi costi sono determinati, rispettivamente, con riferimento alle
spese complessivamente sostenute nel periodo d’imposta avuto riguardo ai
criteri di competenza di cui all’art.75 del TUIR o agli stati di avanzamento
lavori, e che l’agevolazione compete anche per le opere in corso, già iniziate
in esercizi precedenti al periodo di applicazione dell’agevolazione,
limitatamente ai costi sostenuti, successivamente al 30 giugno 2001 e nei periodi
d’imposta agevolati. Secondo i medesimi
criteri, pertanto, potranno godere della agevolazione gli investimenti connessi
alla realizzazione in economia o in appalto di un bene nuovo, o al
completamento di opere, all’ampliamento di impianti esistenti, ecc., poi
oggetto del contratto di lease back. Nel caso specifico occorre valutare se la successiva cessione del bene
alla società di leasing sia o meno rilevante ai fini della determinazione
dell’investimento netto, determinato secondo i criteri illustrati al paragrafo
2, nonché ai fini della applicazione della disposizione antielusiva introdotta
al comma 6 dell’art. 4. E’ necessario, a tal fine, considerare la
particolare natura del contratto di lease
back. La giurisprudenza di legittimità ha definito il lease
back come un “contratto atipico, da
iscrivere, però, in uno schema dotato di una sua qualificante tipicità sociale”, trattandosi di un contratto
di impresa diretto a soddisfare specifici interessi meritevoli di tutela
giuridica (Cass. 7 maggio 1998, 4612). Nell’ambito di tale schema, il trasferimento del
bene è attuato “per realizzare un
disegno economico che rappresenta un momento dell’usuale attività
dell’imprenditore...(e)...costituisce necessario presupposto per la concessione del bene in leasing”.
Si tratta di un orientamento - recepito con la circolare n. 218 del 30 novembre
2000 - che qualifica la cessione come “vendita a scopo di leasing” di un
bene che continua a rimanere nella disponibilità dell’impresa senza pregiudizio
della sua permanente destinazione all’attività. Tanto premesso, e tenuto conto della finalità delle
disposizioni normative in esame, si ritiene che, ai fini dell’applicazione
dell’agevolazione, la cessione del bene alla società di leasing nel contesto di
una operazione di lease back non è rilevante ai fini della
determinazione dell’ammontare degli investimenti netti, né ai fini
dell’applicazione della norma antielusiva. Nel particolare caso, infatti, la
cessione del bene non pregiudica in nessun modo la permanenza dell’investimento
presso l’impresa utilizzatrice. Tuttavia, costituirà motivo di revoca
dell’agevolazione ai sensi del comma 6 dell’art. 4 della legge, tanto il
mancato esercizio del diritto di opzione, quanto la cessione del contratto di
leasing. Ovviamente, la contestuale acquisizione del bene in leasing non
configura, per l’utilizzatore, un ulteriore investimento che duplicherebbe i
benefici. E ciò neppure nell’ipotesi in cui il bene, non ancora entrato in
funzione, fosse da considerare nuovo. Per espressa previsione normativa, l’investimento in beni immobili è
agevolabile solo se trattasi di immobili “strumentali per natura”, vale
a dire quelli che, a norma dell’articolo 40, comma 2, del TUIR, “…non sono
suscettibili di diversa utilizzazione senza radicali trasformazioni…”
(trattasi, in sostanza, degli immobili classificati o classificabili nei gruppi
B, C, D, E, nonché della categoria A/10), anche se non utilizzati o dati in
locazione o comodato. Rimangono
esclusi, pertanto, gli investimenti relativi ad immobili strumentali solo per
destinazione. Le imprese che hanno per oggetto esclusivo o principale, in base
all’attività effettivamente esercitata, la costruzione di immobili destinati ad
essere rivenduti non possono fruire dell’agevolazione con riferimento agli
immobili costruiti, neppure se temporaneamente concessi in locazione, in quanto
tale utilizzo non è sufficiente a modificarne la natura di beni-merce. In relazione al requisito della novità, può
essere considerato nuovo, per il terzo acquirente, anche un fabbricato
strumentale acquistato da un’impresa di 19 costruzioni che prima della cessione
abbia operato sullo stesso interventi di radicale trasformazione; ciò a
condizione che gli interventi non costituiscano mero adattamento della struttura
alle caratteristiche di una eventuale nuova categoria catastale e che l’importo
complessivo dei lavori sia comunque prevalente rispetto al costo di acquisto
dell’immobile da parte del cedente, il quale è tenuto ad attestare la
sussistenza dei suddetti requisiti. In
sostanza, si ritiene di poter estendere alla categoria dei beni immobili quanto
già affermato in merito ai beni complessi che incorporano beni usati. Tale interpretazione pone l’accento sulla
prevalenza dell’innovazione - dovuta ai lavori di radicale trasformazione –
rispetto allo stato preesistente dell’immobile ed è coerente con le finalità
della norma dettata per promuovere investimenti innovativi volti a stimolare lo
sviluppo economico. I terreni, in
quanto privi del requisito della strumentalità, sono, in via generale, esclusi
dall’agevolazione. Benché non rilevino autonomamente come beni in sé
agevolabili, i terreni possono, tuttavia, rientrare nell’ambito applicativo del
beneficio qualora incorporino, per accessione, un fabbricato strumentale per
natura. Ne consegue che il diritto a fruire dell’agevolazione non viene in
essere se non con l’inizio dei lavori di costruzione del fabbricato, da quando
cioè la destinazione del terreno a scopo edificatorio trova concreta
attuazione. E’ da questo momento che potrà computarsi nell’ammontare
agevolabile (nei limiti che si dirà appresso) il costo di acquisizione
dell’area edificabile, anche se al termine del periodo di vigenza del beneficio
(coincidente con la fine del periodo d’imposta successivo a quello in corso
alla data di entrata in vigore della legge), la costruzione non sia stata
ultimata. Posto che l’acquisto dell’area è funzionale alla costruzione del
fabbricato, il relativo investimento potrà integrare i presupposti
dell’agevolazione soltanto con la completa realizzazione del fabbricato e che,
prima di questo momento, il costo dell’area potrà fruire del beneficio fiscale
soltanto parzialmente, in misura corrispondente cioè al rapporto tra la
quota-parte dei lavori eseguiti (o stato di avanzamento lavori) al termine di
20 ciascun periodo d’imposta e l’ammontare complessivo del costo preventivato
per l’intera costruzione che insiste sull’area. Resta inteso che il costo relativo ad un’area fabbricabile acquistata
prima del 30 giugno 2001 o, comunque, nel periodo d’imposta precedente a quello
in corso alla data di entrata in vigore della legge non potrà mai rilevare ai
fini dell’agevolazione in esame. La disposizione in commento agevola, altresì, gli investimenti
consistenti nella realizzazione di nuovi impianti, oltre che nell’ampliamento,
riattivazione, e ammodernamento di impianti esistenti. Costituiscono impianti, i beni materiali, infissi al suolo o mobili,
che singolarmente o in virtù delle loro aggregazione funzionale costituiscono
beni strumentali. Come già rilevato con la circolare 27 ottobre 1994, n. 181,
l’espressione “impianti” comprende anche i fabbricati e i manufatti
stabilmente incorporati al suolo, nonché le aree su cui gli stessi insistono e
quelle accessorie. L’ampliamento, la
riattivazione e l’ammodernamento di impianti esistenti si realizzano: a) attraverso interventi intesi ad aumentare le
potenzialità e la produttività degli impianti con l’aggiunta di un nuovo
complesso a quello preesistente o con l’aggiunta di nuovi macchinari capaci di
dotare il complesso esistente di maggiore capacità produttiva; b) attraverso interventi intesi a riportare in
funzione impianti disattivati; c) attraverso interventi di carattere
straordinario volti ad un adeguamento tecnologico dell’impianto che consenta di
incrementare i livelli di efficienza ed economicità dell’impresa. L’agevolazione spetta anche nel caso di ampliamento,
riattivazione o ammodernamento di impianti che non risultano di proprietà
dell’impresa, come, ad esempio, quelli acquisiti in locazione. Come già precisato nelle istruzioni al modello di
dichiarazione dei redditi per il 1994, si ha ampliamento dell’impianto anche in
caso di aumento della superficie utilizzabile mediante, ad esempio, la
creazione di un piano intermedio all’interno del fabbricato. Tra le spese di
ammodernamento ovvero di acquisto di beni strumentali nuovi rientrano anche
quelle sostenute per realizzare nuovi impianti elettrici (anche al fine di
ottemperare ad obblighi previsti dalla legge), di riscaldamento, di
condizionamento d’aria, ecc. Il
sostenimento di spese di manutenzione e riparazione, può essere agevolato solo
se tali spese hanno effettiva natura incrementativa del costo dei beni cui si
riferiscono. 3.5 Beni a deducibilità limitata e
beni ad uso promiscuo A differenza di quanto espressamente previsto per l’agevolazione di cui
all’art. 2, commi da 8 a 13 della legge 13 maggio 1999, n. 133, i benefici
della legge in esame si estendono anche ai cosiddetti beni a deducibilità
limitata di cui all’articolo 121 bis del TUIR. Per tali beni e per quelli ad uso promiscuo, l’ammontare
dell’investimento è determinato in misura corrispondente al costo di acquisto
fiscalmente rilevante ai fini del calcolo degli ammortamenti nella
determinazione del reddito d’impresa o di lavoro autonomo. Si precisa, infine, che in tali casi il costo è comprensivo della parte
dell’IVA indetraibile ai sensi dell’art. 19 - bis 1 del decreto del Presidente
della Repubblica 26 ottobre 1972 n. 633/72. Se entro il secondo periodo d’imposta successivo all’acquisto del bene
si modifica in peius il regime di deducibilità, in quanto – ad esempio
–l’autovettura, prima concessa in uso promiscuo al dipendente, viene poi
utilizzata dall’amministratore, si rende applicabile la revoca dell’agevolazione
ai sensi dell’art.4, comma 6. La revoca, tuttavia, riguarderà solo quella parte
dell’agevolazione riferibile al costo non più deducibile. Le immobilizzazioni immateriali sono caratterizzate dalla mancanza di
tangibilità ed esprimono costi dai quali l’impresa trae un’utilità che non si
esaurisce in un solo periodo, ma che si protrae, quale beneficio economico,
lungo l’arco temporale di più esercizi. Il riferimento normativo ai “beni” indica che costituiscono
oggetto di agevolazione non tutte le immobilizzazioni immateriali, come
individuate dall’art. 2424 del codice civile, ma soltanto quelle che danno
luogo a beni immateriali, in sé precisamente identificabili, che conservano una
propria individualità, essendo rappresentati da diritti suscettibili di tutela
giuridica che conferiscono all’imprenditore la potestà di sfruttare determinati
benefici futuri. Ad esempio, sono annoverabili tra i beni immateriali: · diritti di brevetto
industriale; · diritti di concessione,
licenze e marchi; · diritti di utilizzazione
delle opere dell’ingegno; · conoscenze
tecniche non brevettate (know-how). Per
quanto si e’ detto, sono esclusi dall’agevolazione gli investimenti in
immobilizzazioni immateriali che costituiscono dei meri costi come, ad esempio,
l’avviamento e i costi di pubblicità. In particolare, per quanto riguarda i costi di
acquisizione del software, rientra tra gli investimenti agevo labili
l’acquisizione del software applicativo, anche mediante il cosiddetto “contratto
di sviluppo”, ancorché acquistato a titolo di licenza d’uso. Relativamente ai diversi diritti di utilizzazione
dei beni immateriali, come precedentemente individuati, il requisito della
novità è riferibile distintamente a ciascuno dei possibili diritti di utilizzazione,
purché esattamente individuabili ed indipendenti dagli altri, a condizione che
l’acquisto sia effettuato direttamente dall’autore. 3.7 Destinazione dei beni a strutture situate nel
territorio dello Stato Condizione necessaria perché l’investimento
sia agevolabile è che quest’ultimo sia realizzato nel territorio dello Stato.
Tale disposizione, rimasta immutata rispetto alla precedente formulazione
normativa del d.l. n.357 del 1994, comporta che, per i soggetti residenti, i
beni oggetto dell’investimento devono appartenere, in senso sia contabile che
economico, a strutture aziendali situate nel territorio nazionale,
indipendentemente dalla circostanza che gli stessi siano utilizzati in Italia o
all’estero. Risulta irrilevante la circostanza che il bene acquistato sia stato
prodotto da imprese italiane o estere.
Gli impianti, sia nuovi che da ampliare, riattivare, ammodernare o
completare, devono essere situati nel territorio dello Stato. Viceversa, i soggetti non residenti, per
fruire dell’agevolazione, devono realizzare un investimento che riguardi una
stabile organizzazione ubicata nel territorio dello Stato italiano. Si precisa che l’effettiva destinazione del
bene deve trovare riscontro in elementi oggettivi, non essendo di per sé
sufficiente, ai fini dell’agevolazione, la mera iscrizione contabile del bene
nel bilancio della società residente o della stabile organizzazione del
soggetto non residente. Rispetto alle regole contenute nell’articolo
3 del d.l. n. 357 del 1994, la disciplina agevolativa in commento introduce
un’altra importante novità. Il comma 2
dell’articolo 4 prevede che l’incentivo sia applicato anche alle spese
sostenute dall’imprenditore per servizi, utilizzabili dal personale dipendente,
di assistenza negli asili nido ai bambini di età inferiore ai tre anni e alle
spese di formazione e aggiornamento del personale. Tenuto conto della formulazione letterale della norma, si ritiene
che l’agevolazione in esame, diversamente da quanto disposto per gli
investimenti in beni strumentali, riguardi l’intero ammontare delle spese
sostenute, senza confronti con la media degli anni precedenti. Le spese in questione, da assumere al netto
di eventuali contributi, sono sia quelle relative a servizi acquisiti
dall’esterno, sia quelle sostenute per l’organizzazione diretta del servizio. Tra le spese di formazione rientrano i costi
del personale docente; le spese correnti (materiali, forniture, ecc.), i costi
dei servizi di consulenza sull’iniziativa di formazione. Vi concorrono altresì
le spese relative al personale interno, docente e discente, impegnato in tali
attività, fino a concorrenza del 20 per cento del volume delle relative
retribuzioni complessivamente corrisposte in ciascun periodo d’imposta. Al
riguardo, si ritiene che la locuzione utilizzata dal legislatore “costo del personale impiegato nell’attività di
formazione e aggiornamento” debba riferirsi a tutte le spese sostenute per
le prestazioni di lavoro dipendente, dunque anche agli oneri previdenziali e
alle eventuali spese di vitto e alloggio relative alle trasferte effettuate
fuori dal territorio comunale dai lavoratori dipendenti, nei limiti della loro
deducibilità, ai fini della determinazione del reddito, stabilita dall’articolo
62, comma 1-ter, del TUIR. Non rilevano, invece, ai fini della fruizione dei
benefici in esame, le quote di ammortamento dei beni strumentali utilizzati per
il progetto di formazione o per i servizi di assistenza ai bambini, tenuto
conto che i relativi investimenti sono distintamente agevolabili ai sensi del
precedente comma 1 dell’art. 4. I soggetti interessati devono poter dimostrare,
anche a posteriori, che le spese per le quali viene chiesta l’agevolazione
siano state effettivamente sostenute e che in relazione alle stesse non si sia
beneficiato di contributi. A tal fine, la norma prevede che le spese ammesse al
beneficio della detassazione debbano essere attestate: · dal
presidente del collegio sindacale; ovvero, in mancanza: · da
un revisore dei conti o da un professionista iscritto all’albo dei revisori dei
conti, dei dottori commercialisti, dei ragionieri e periti commerciali o in
quello dei consulenti del lavoro o anche da un direttore tecnico di un centro
autorizzato di assistenza fiscale. 4. La revoca dell’agevolazione Il
comma 6 dell’articolo 4 prevede la revoca dell’agevolazione nel caso in cui i
beni oggetto dell’investimento siano ceduti a terzi, dismessi, destinati al
consumo personale o familiare dell’imprenditore o del lavoratore autonomo,
assegnati ai soci o destinati a finalità estranee all’esercizio dell’impresa o
dell’attività di lavoro autonomo, entro il secondo periodo d’imposta successivo
a quello della loro acquisizione o ultimazione, ovvero entro il quinto periodo
d’imposta successivo in caso di beni immobili. Per
effetto della revoca dell’agevolazione il reddito imponibile, relativo
all’esercizio in cui si verifica uno degli eventi previsti nel citato comma 6,
deve essere aumentato avuto riguardo al corrispettivo dei beni ceduti, o al
valore normale dei beni dimessi, destinati al consumo personale o familiare
dell’imprenditore o del lavoratore autonomo, assegnati ai soci o destinati a
finalità estranee all’esercizio dell’impresa o dell’attività di lavoro
autonomo. La variazione in aumento sarà
determinata in misura pari al corrispettivo o al valore normale dei beni fino a
concorrenza della variazione in diminuzione effettuata nel periodo in cui è
stato realizzato l’investimento, per la parte ad esso proporzionalmente
riferibile. Il
momento di acquisizione o ultimazione degli investimenti deve essere
determinato in base ai criteri evidenziati nei precedenti paragrafi. Coerentemente con quanto affermato con
circolare n. 207/E del 16 novembre 2000, è da ritenere che in caso di
trasferimento di azienda non si dovrà procedere alla predetta rideterminazione.
Invero, il trasferimento di un bene operato nel contesto di una cessione o
conferimento d’azienda, in quanto rientrante in un più ampio schema di
riorganizzazione aziendale, non contrasta 26 con la ratio della norma
antielusiva prima richiamata, finalizzata ad impedire fenomeni di dismissione
temporanea dei beni nell’impresa al solo fine di fruire dell’agevolazione. Tale
norma vuole contrastare la cessione dei beni oggetto della medesima
agevolazione, nel presupposto che la successiva cessione del bene che ha dato
origine al beneficio sia motivata da finalità elusive. Si ritiene, pertanto,
che l’impresa non decada automaticamente dall’agevolazione qualora, in un
contesto più generale di riorganizzazione aziendale, trasferisca i beni
agevolati in occasione della cessione o dismissione del ramo d’azienda di cui
essi fanno parte, non configurandosi in tal caso profili di elusività
dell’operazione. Naturalmente, le
stesse operazioni di cessione d’azienda, ove caratterizzate da profili di
elusività, saranno soggette all’applicazione della norma di cui all’art. 37-bis
del DPR. 600/73. Le
disposizioni concernenti la revoca del beneficio si applicano anche nei casi in
cui l’agevolazione riguardi beni a deducibilità limitata o ad uso promiscuo di
cui al paragrafo 3.5. 5. Coordinamento con
l’applicazione di altre agevolazioni L’art.
5 della legge in esame prevede la soppressione delle seguenti disposizioni,
indicate in una tabella allegata alla stessa: · agevolazione DIT, di cui al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 466 e successive modificazioni ed integrazioni; · agevolazione di cui all’art. 2, commi da 8 a 13 della legge 13 maggio 1999, n. 133 e successive modificazioni e integrazioni; · tassazione del reddito d’impresa con aliquota proporzionale, di cui all’art. 9 della legge 23 dicembre 2000, n. 388; · agevolazioni di cui alla legge 27 dicembre 1997, n. 449, così come prorogate dall’art. 145, commi 74 e 95, della legge n. 388 del 2000. Tuttavia, la norma consente, a determinate condizioni, di continuare a fruire delle seguenti agevolazioni dettando al riguardo specifiche regole di coordinamento: · agevolazione di cui all’art 2, commi da 8 a 13 della legge 13 maggio 1999, n. 133; · agevolazione DIT, di cui al decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 466; · agevolazione per gli investimenti nelle aree svantaggiate, di cui all’art. 8 della legge 23 dicembre 2000 n. 388. 5.1 Agevolazione di cui all’art. 2, commi da 8 a 13
della legge 13 maggio 1999, n. 133 L’art. 6, comma 24, della legge n. 388/2000 ha prorogato al 31 dicembre
2001 le agevolazioni previste dalla legge n. 133/99 limitandone gli effetti
alle società di capitali ed enti commerciali residenti, nonché alle stabili
organizzazioni in Italia di soggetti commerciali esteri, vale a dire ai
soggetti di cui all’art.87, comma 1, lettere a), b) e d) del TUIR. Il comma 1, lettera a), dell’art. 5, stabilisce che possono continuare
a fruire dell’agevolazione “i soggetti
che, nel periodo d’imposta in corso al 30 giugno 2001, abbiano già realizzato
investimenti ed eseguito conferimenti in denaro o accantonamenti di utili a
riserva”. La possibilità di continuare a godere dei benefici dell’agevolazione di
cui all’art. 2, commi da 8 a 13 della legge 13 maggio 1999, n. 133 è quindi
limitata alle operazioni (investimenti, conferimenti ed accantonamenti)
effettuate fino al 30 giugno 2001, a condizione tuttavia che il contribuente non
opti per l’applicazione dell’agevolazione prevista dalla legge in esame,
ovviamente con riferimento agli investimenti realizzati successivamente alla
predetta data. Nel caso di esercizio
coincidente con l’anno solare in sostanza, il contribuente, che alla predetta
data del 30 giugno 2001 abbia già posto in essere operazioni rilevanti ai fini
dell’applicazione dell’agevolazione di cui all’art. 2, commi da 8 a 13 della
legge 13 maggio 1999, n. 133, può scegliere di continuare a fruire di tale
agevolazione, con la conseguenza che eventuali operazioni poste in essere
successivamente non rileveranno né ai fini dell’agevolazione di cui 28 all’art.
2, commi da 8 a 13 della legge 13 maggio 1999, n. 133 né ai fini della legge in
esame. Nel caso di opzione per l’agevolazione di cui all’art. 2, commi da 8 a
13 della legge 13 maggio 1999, n. 133, sarà assoggettato all’aliquota ridotta
del 19 per cento una quota dell’intero reddito del periodo d’imposta che
corrisponde al minore importo tra l’ammontare degli investimenti effettuati
(comprensivo dell’eventuale eccedenza del parametro non riportato nel
precedente esercizio al netto degli investimenti) al netto degli ammortamenti e
l’ammontare dei conferimenti in denaro e degli accantonamenti di utili
(anch’esso comprensivo del riporto dei parametri non utilizzati). In alternativa, il contribuente potrà scegliere di applicare
l’agevolazione prevista dall’art. 4, comma 1, della legge in esame, ma solo con
riferimento agli investimenti realizzati successivamente al 30 giugno 2001. Il problema del cumulo delle agevolazioni
non sussiste ovviamente nel caso di periodo d’imposta chiuso al 30 giugno 2001,
poiché in tal caso non vi è coesistenza delle agevolazioni nel medesimo periodo
d’imposta. Il cumulo dell’agevolazione
in esame con l’agevolazione di cui all’art. 2, commi da 8 a 13 della legge 13
maggio 1999, n. 133 è, invece, consentito per quanto riguarda le spese
sostenute per la formazione e l’aggiornamento del personale. Allo stesso modo, non è consentito cumulare i benefici della legge in
esame con quelli della DIT. Qualora i contribuenti interessati intendano optare
per quest’ultima, la base di riferimento della DIT sarà tuttavia costituita
esclusivamente dagli incrementi patrimoniali realizzati entro il 30 giugno
2001. Il comma 1, lettera b), dell’art. 5 stabilisce,
infatti, che possono continuare ad usufruire dell’agevolazione DIT “i
soggetti che alla data del 30 giugno
2001 abbiano già eseguito operazioni di variazione in aumento del capitale” ai sensi del decreto
legislativo 18 dicembre 1997, n. 466. In sostanza, i 29 soggetti che, alla data
indicata, abbiano già realizzato gli incrementi patrimoniali richiesti per
l’agevolazione DIT, “continuano a fruire dei relativi benefici”, con
riferimento alle operazioni rilevanti effettuate fino al 30 giugno. Per converso, non assumono rilevanza ai fini
DIT gli incrementi patrimoniali successivi al 30 giugno 2001, in quanto la
norma richiama i “relativi benefici”, cioè i benefici spettanti in
relazione alle operazioni di variazione in aumento del capitale alla predetta
data già eseguite. In particolare, i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1,
del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 466, cioè le società di capitali,
gli enti commerciali e le stabili organizzazioni in Italia di soggetti
commerciali non residenti, continueranno ad applicare l’agevolazione DIT con
riferimento all’incremento patrimoniale realizzato a partire dall’esercizio
successivo a quello in corso al 30 settembre 1996 e fino alla data del 30
giugno 2001, ma dovranno tenere conto anche dei decrementi patrimoniali
successivi a tale data. Ai fini dell’esatta identificazione degli incrementi
da intendersi eseguiti alla data del 30 giugno 2001, si osserva che gli apporti
in denaro, effettuati successivamente alla data di riferimento, non assumono
rilevanza. Possono essere computati, invece, gli accantonamenti a riserva degli
utili dell’esercizio chiuso fino al 30 giugno 2001, anche se la delibera di
approvazione del relativo bilancio sia intervenuta successivamente a tale data.
Gli accantonamenti di utili, infatti, assumono rilievo ai fini DIT dall’inizio
del periodo d’imposta in cui sono deliberati, in quanto la delibera di
approvazione del bilancio riveste mero carattere ricognitivo, e non costitutivo,
dell’utile realizzato dall’impresa e risultante dal bilancio approvato. Di conseguenza, ad esempio, una società con periodo
d’imposta chiuso al 31 maggio 2001, la quale in sede di approvazione del
bilancio abbia deliberato, dopo il 30 giugno 2001, di destinare a riserva gli
utili di periodo, potrà comunque calcolare l’agevolazione con riferimento alle
richiamate riserve, le quali devono ritenersi costituite a decorrere
dall’inizio del successivo periodo d’imposta, vale a dire dal 1° giugno 2001 e
quindi prima del 30 giugno 2001. Del pari, rileverà ai fini DIT anche la riserva di
rivalutazione di cui all’art. 13 della legge 21 novembre 2000, n. 342, se
relativa alla rivalutazione effettuata nell’esercizio chiuso prima del 30
giugno 2001. Infatti, anche se la rivalutazione è deliberata, dopo il 30 giugno
2001, dall’assemblea che approva il bilancio, la riserva di rivalutazione
iscritta nel bilancio dà evidenza di incrementi patrimoniali già realizzati
dall’impresa. I soggetti di cui all’articolo 5, comma 2, del d.
lgs. n. 466/97, cioè le persone fisiche e le società di persone, continueranno
ad applicare l’agevolazione DIT con riferimento al patrimonio netto che risulta
dal bilancio relativo all’ultimo esercizio anteriore a quello in corso alla
data di entrata in vigore della legge. Come è ovvio, anche essi dovranno tenere
conto degli eventuali decrementi successivi. Infine, occorre precisare, in senso conforme alla
relazione tecnica, che a tutti i soggetti continuerà ad applicarsi l’intera
disciplina DIT, anche con riguardo alle norme di cui agli articoli 2 e 3 del
d.lgs. n. 466/97 che prevedono specifici casi di sterilizzazione delle
variazioni in aumento di capitale investito.
In deroga al principio enunciato in premessa, l’ultimo periodo dell’art.
5, comma 1, lett. b), prevede che l’agevolazione in esame può far cumulo con la
DIT, nel caso in cui l’imponibile assoggettato ad aliquota agevolata DIT sia
inferiore al 10 per cento dell’imponibile totale. La norma deve essere interpretata nel senso che
soltanto in presenza di un imponibile potenzialmente assoggettabile ad aliquota
agevolata DIT inferiore al 10 per cento del totale, sarà possibile usufruire
del cumulo delle agevolazioni. Il
cumulo non è consentito, invece, nel caso in cui l’imponibile assoggettabile ad
aliquota agevolata DIT superi detto limite. Pertanto, non è consentito
assoggettare ad aliquota agevolata DIT solo una quota inferiore al 10 per cento
di detto imponibile e contestualmente cumulare le due agevolazioni. Cumulabilità delle agevolazioni Esempio 1: Soggetto:
società di capitali a) reddito d’impresa (al lordo del reddito
detassato) 100 b) reddito agevolabile DIT - inferiore al 10 per
cento di a) - 8 c) reddito residuo 92 d) reddito detassato “Tremonti-bis” 30 e) reddito al netto della detassazione 62
Liquidazione imposta: · reddito soggetto ad aliquota DIT 8 * 19 % = 1,52 · reddito soggetto ad aliquota ordinaria 62 * 36 % = 22,32 Totale imposta = 23,84 Cumulabilità delle
agevolazioni Esempio 2: Soggetto: società di capitali a) reddito d’impresa (al lordo del reddito detassato) 100 b) reddito agevolabile DIT - inferiore al 10 per cento di a) -
8 c) reddito residuo 92 d) reddito detassato “Tremonti-bis” 95 e) reddito al netto della detassazione 5 Liquidazione imposta: ·
reddito
soggetto ad aliquota DIT 5 * 19 % = 0.95 Totale imposta = 0,95 In questo caso, poiché il reddito imponibile al
netto della detassazione è inferiore al reddito agevolabile DIT, la
liquidazione dell’imposta sarà effettuata applicando l’aliquota agevolata DIT
al reddito imponibile netto. Non
cumulabilità delle agevolazioni Esempio
1 Soggetto:
società di capitali a) reddito d’impresa (al lordo del reddito detassato) 100 b) reddito agevolabile DIT – superiore al 10 per cento di a) -
11 c) reddito detassato “Tremonti-bis” 30 d)
reddito
al netto della detassazione 70 Liquidazione imposta: ·
reddito
soggetto ad aliquota ordinaria 70 * 36 % = 25,20 Totale imposta = 25,20 La scelta tra l’agevolazione DIT e quella in esame
può essere rinnovata separatamente per ciascun periodo d’imposta, con la
conseguenza che l’aver applicato la DIT per il periodo d’imposta in corso alla
data di entrata in vigore della legge, non preclude la possibilità di avvalersi
della “Tremonti-bis” per il periodo successivo. Il cumulo degli incentivi è, invece, consentito con
riferimento alle spese sostenute per la formazione e l’aggiornamento del
personale. 5.3 Art. 8 legge n. 388 del 2000 L’agevolazione in esame non è cumulabile con
quella per gli investimenti nelle aree svantaggiate, prevista dall’art. 8 della
legge n. 388 del 2000, fatta eccezione, come per le altre agevolazioni, per le
spese sostenute per la formazione e l’aggiornamento del personale. Pertanto, il contribuente, per ciascun
periodo d’imposta e con riferimento agli investimenti complessivamente effettuati
su base nazionale, dovrà scegliere se fruire del credito d’imposta di cui al
citato art. 8 della legge n. 388 del 2000 ovvero della detassazione di cui
all’agevolazione in commento. Ne consegue che un soggetto che effettua
investimenti sia nelle aree svantaggiate sia in altri ambiti territoriali, deve
applicare un’unica agevolazione e sarà libero di effettuare scelte diverse in
relazione ai vari periodi d’imposta. 5.4 Alimentazione dei canestri e capitalizzazione
dell’impresa Il comma 3 dell’art. 5 della legge in esame,
prevede che, a decorrere dal periodo d’imposta in corso alla data della sua
entrata in vigore, i redditi che beneficiano delle agevolazioni di cui all’art.
2, commi da 8 a 13 della legge 13 maggio 1999, n. 133 e DIT non rilevano ai fini
dell’attribuzione del credito d’imposta limitato ai soci in sede di
distribuzione degli utili, di cui all’art. 105, comma 4, del TUIR. Lo spirito della norma è quello di rendere
neutra, almeno da questo punto di vista, la scelta del contribuente sull’utilizzo
di una o dell’altra agevolazione. Infatti, l’agevolazione in esame non prevede
l’attribuzione di un credito d’imposta limitato con riferimento ai redditi non
assoggettati a tassazione per effetto dell’agevolazione stessa. Ciò, d’altra parte, è coerente con l’intento
perseguito dal legislatore di incentivare lo sviluppo economico e il
rafforzamento dell’apparato produttivo. Il meccanismo di funzionamento
dell’agevolazione, che non consente di memorizzare alcuna credito d’imposta con
riferimento al reddito agevolato, fa sì che l’eventuale reddito conseguito dai
soci sotto forma di dividendi successivamente distribuiti verrà assoggettato a
tassazione senza alcun credito d’imposta. Ciò incentiva indirettamente l’accantonamento
degli utili e di conseguenza la capitalizzazione delle imprese. Nel
caso di fusione propria o per incorporazione al fine di individuare i periodi
d’imposta rilevanti per il calcolo della media degli investimenti dovrà farsi
riferimento alla società che ha iniziato l’attività prima delle altre. Per il computo della media degli
investimenti, nei periodi di coincidenza temporale degli esercizi delle società
partecipanti alla fusione, si deve tener conto dei costi sostenuti per gli
investimenti effettuati (al netto dei disinvestimenti) da ciascuna società. Così
ad esempio, nel caso di fusione per incorporazione, realizzata nell’esercizio
2001 con retrodatazione degli effetti al 1° gennaio, tra due società aventi
esercizio coincidente con l’anno solare, di cui l’una (incorporata) esistente
dal 1996 e l’altra (incorporante) dal 1999, i periodi da prendere in
considerazione presso la incorporante sono cinque. Ai fini del calcolo della
media, per i periodi d’imposta 1996, 1997 e 1998 rileveranno gli investimenti
realizzati dall’incorporata; per i periodi d’imposta successivi, 1999 e 2000,
si dovrà tenere conto della somma degli investimenti realizzati da entrambe le
società. Nel caso di fusione realizzata
nell’esercizio 2001, con effetti decorrenti dal primo gennaio, fra un soggetto
(incorporata) esistente dal 1996 e avente periodo d’imposta coincidente con
l’anno solare e un altro soggetto (incorporante) esistente dal primo luglio
1995 e con esercizio a “cavallo” (dal 01/07 al 30/06), dovranno essere presi in
considerazione: Ø i periodi d’imposta dal 1996 al 2000 per l’incorporata; Ø i periodi d’imposta compresi tra quello relativo al periodo 01-07-96 /
30-06-97 e quello dal 01-07-2000 al 31-12-2000 per l’incorporante. In
particolare, al fine di individuare gli investimenti del più recente periodo
d’imposta, occorre sommare gli investimenti del periodo d’imposta 2000
dell’incorporata con quelli dell’ultimo periodo d’imposta chiuso
dell’incorporante (01-07-2000 / 31-12-2000) e così a scalare fino al quinto
periodo precedente. In
caso di scissione, la società beneficiaria dovrà considerare, ai fini del
computo della media, anche i costi degli investimenti realizzati negli esercizi
di riferimento dalla società scissa, in proporzione alla quota di patrimonio
contabile acquisita a seguito dell’operazione. Analogamente,
in caso di scissione parziale, la società scissa dovrà considerare i costi
degli investimenti da essa sostenuti, al netto di quelli proporzionalmente
riferibili al patrimonio contabile attribuito alle società beneficiarie. In
caso di trasformazione si dovrà tener conto anche degli investimenti effettuati
dalla società trasformata nei periodi anteriori alla trasformazione
stessa. Il medesimo principio di
continuità si applica anche nel caso d’impresa che ha acquisito per successione
l’azienda. La
trasformazione da società di persone a società soggette ad Irpeg, e viceversa,
divide l’esercizio in cui l’operazione ricade in due periodi d’imposta, che
assumono distintamente rilievo ai fini dell’individuazione dei periodi su cui
calcolare la media degli investimenti. 7. Applicazione
dell’agevolazione per i lavoratori autonomi Con
riguardo all’ambito soggettivo e al meccanismo di applicazione della
agevolazione, si fa rinvio a quanto precisato in via generale nei precedenti
paragrafi n. 1 e 2. Per i soggetti titolari di reddito di lavoro autonomo di cui
all’articolo 49, comma 1, del TUIR, l’agevolazione in esame riguarda i beni
strumentali per l’esercizio dell’arte o della professione acquisiti in
proprietà o in locazione finanziaria. Sono esclusi dall’ambito applicativo dell’agevolazione, ai sensi
dell’articolo 50 comma 2 del TUIR, gli investimenti in oggetti d’arte,
d’antiquariato o da collezione. Questi ultimi possono essere identificati
facendo riferimento alla tabella prevista dall’articolo 36 del decreto legge
n.41 del 1995 che ha introdotto il regime speciale IVA per i rivenditori di
tali oggetti. Analogamente, le spese
relative all’acquisto di beni mobili adibiti promiscuamente all’esercizio
dell’arte o della professione di cui ai commi 3 e 3 bis del citato articolo 50,
nonché le spese relative ai mezzi di trasporto a motore a deducibilità
limitata, secondo quanto stabilito dall’articolo 121 bis del TUIR, sono
agevolabili per la parte fiscalmente rilevante. Gli immobili potranno costituire oggetto di agevolazione solo se
“strumentali” in quanto utilizzati esclusivamente per l’esercizio dell’arte o
della professione. Al riguardo si rendono necessarie alcune precisazioni. Non
vi è dubbio innanzitutto che un rapporto di strumentalità rilevante ai fini
dell’imposizione sul reddito possa configurarsi anche con riguardo a detti
immobili, a condizione tuttavia che gli stessi siano utilizzati esclusivamente
per l’esercizio dell’arte o della professione (cfr. articolo 40 del TUIR). Non
è di ostacolo al riconoscimento dell’agevolazione il disposto dell’articolo 50
del TUIR che esclude la possibilità di dedurre gli ammortamenti, posto che nel
contesto del citato articolo, il concetto di strumentalità non si identifica
con quello di bene ammortizzabile: gli immobili rilevano come beni strumentali,
con effetto anche ai fini fiscali, secondo quanto disposto dagli ultimi due
periodi dei commi 2 e 3 del citato articolo 50, se direttamente utilizzati
nell’esercizio dell’arte o professione. La stessa limitazione dell’agevolazione agli immobili strumentali per
natura, di cui all’articolo 4, comma 4, della legge in esame, è chiaramente
riferibile ai soggetti titolari di reddito d’impresa, ai quali esclusivamente
il concetto di strumentalità per natura è pertinente. Non sarebbe conforme
peraltro alla ratio della legge, che ha inteso affermare un netto
parallelismo tra reddito d’impresa e di lavoro autonomo - nell’intento di
potenziare allo stesso modo le rispettive strutture operative - , escludere dal
beneficio fiscale gli immobili strumentali all’attività artistica o
professionale. Resta inteso che l’investimento agevolabile può interessare gli
immobili strumentali come sopra definiti che, ai sensi della legislazione
urbanistica, risultino destinati ad uso ufficio ed accatastati nella categoria
A/10. Inoltre l’ammontare dell’agevolazione non può superare il costo di
acquisizione direttamente riferibile all’immobile strumentale. Gli investimenti in beni strumentali dell’artista o del professionista
si considerano effettuati, in conformità al principio di competenza, al momento
della consegna o della spedizione (per i beni mobili) e della stipulazione
dell’atto (per gli immobili) ovvero, se successiva, alla data in cui si
verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto
reale, senza tener conto delle clausole di riserva della proprietà. Ai fini
della determinazione del reddito di lavoro autonomo, infatti, i beni
strumentali in genere non rilevano secondo il principio di cassa. Anche con riferimento alla deducibilità dei beni utilizzati in base ad
un contratto di locazione finanziaria, il quinto periodo del comma 2
dell’articolo 50 del TUIR reca una deroga al principio di cassa previsto per la
determinazione del reddito di lavoro autonomo, stabilendo che i relativi canoni
vanno dedotti nel periodo d’imposta in cui maturano. Pertanto, anche in questo
caso, il momento rilevante ai fini dell’agevolazione è da individuarsi all’atto
della consegna dei beni. Si rinvia a quanto affermato nel precedente paragrafo 3.8, con l’unica
precisazione che, per i soggetti titolari di reddito di lavoro autonomo, le
spese di assistenza negli asili nido e di formazione e aggiornamento del
personale rilevano secondo il principio di cassa. 7.4 Revoca dell’agevolazione per i
lavoratori autonomi Sul punto si rinvia a quanto indicato al paragrafo 4. 8. Determinazione degli acconti Il
comma 7 dell’art. 4 stabilisce che l’acconto dell’IRPEF e dell’IRPEG, da
versare nel corso del secondo periodo di imposta di applicazione 38
dell’agevolazione (e relativo a quello successivo), è calcolato nei modi
ordinari, assumendo come imposta del periodo precedente e come imposta del
periodo per il quale è dovuto l’acconto, quella che si sarebbe applicata in
assenza della disciplina in esame. In
base a tale previsione, le imprese, con esercizio coincidente con l’anno
solare, sono comunque tenute a calcolare l’acconto, relativo al periodo
d’imposta 2003, al lordo dell’agevolazione. |